Su
di una
striscia di terra battuta chiamata impropriamente
aereoporto, inizia la mia avventura in terra nepalese. Il minuscolo bimotore che in poco piu' di
un'ora
supera d'un balzo
la catena himalaiana mi sta portando a Jomsom.
Da li inizio un trekking che mi condurra' a Kagbeni
in Mustang, una terra tibetana di cultura e tradizioni che
oggi fa
parte
del Nepal.
Dopo aver attravesato piu' volte il Kali Gandaki, il
fiume
sacro
che scende dalle vette dell'Himalaia, incontro vento, deserto, un mare
di montagne e valli grigie; viaggio difficile di emozioni
sottili e
violente
ma di sorprendente bellezza. Prima di raggiungere Kagbeni, mi
fermo in
una locanda lungo il tragitto per per una breve sosta e per mangiare
qualcosa.
Quando il vento
all'improvviso si placa lo spettacolo è di una
bellezza
icomparabile. In un attimo scende il silenzio assoluto, le sciabolate
di
luce che tagliano l'orizzonte alternano le tonalita' di viola e
di
porpora
piu' acceso. A Kagbeni l'ingresso al villaggio avviene attraversoun
grande
chorten, il caratteristico monumento della tradizione bubbista. E' poco
piu' di un villaggio stretto
intorno ad un monastero ed attraversato da
un dedalo di stradine su cui si affacciano un centinaio di
abitazioni.Come altre genti delle regioni tibetane, il popolo del
Mustang vive
principalmente
di agricultura, pastorizia e commercio. Ma queste famiglie mai sono
state esperti commercianti.
L'economia e il commercio non sono il principale interesse di questa
gente.
Il baricentro qui sembra
essere la dimensione religiosa. La fede nella
dottrina buddista e nei loro maestri e' totale. Ogni abitazione ha
una stanza che ospita un altare con le
immagini
delle divinita' del panteon
buddista e dei loro lama a cui la famiglia e' devota. Il continuo inno
alla vita si mischia e si confonde con il silenzio della morte. Mi
trovo
ora, dopo alcuni giorni
trascorsi in Mustang, a
Pashupatinath,una cittadina
dedicata a Shiva, divinita' del panteon indu' che sorge nella valledi
Katmandu.
Si trova sulle rive del fiume sacro Bagmati ed è
considerata la zona
religiosa
dell'induismo nepalese, come Benares lo e' per quello indiano. Le
scalinate
mi consentono un facile accesso all'acqua senza correre il
rischio di essere
travolto
dalla corrente. Sono templi a cielo aperto dove posso
osservare
le abluzioni ed i riti che si svolgono con incredibile intensita',
dall'alba
al tramonto. I figli maschi si occupano della cerimonia
funebre perche'
solo loro possono assicurare il trapasso dell'anima del genitore che si
reincarna entro un anno dalla sua morte. Ricordi che si sbriciolanoin
mille altri ricordi di incontri
durante il mio cammino in
Nepal. Come
gemme
che sbocciano di nuovo aprimavera e come il seme
nascosto nel suolo genera
una nuova pianticella, cosi l'uomo e' destinato a riapparire